mercoledì 19 gennaio 2011

UN PAESE ALLA BERLINA di Peter Gomez

Una cosa è bene dirla subito. Noi de Il Fatto Quotidiano avremmo preferito che il crepuscolo di Silvio Berlusconi fosse arrivato per la sua conclamata incapacità di governare, per i suoi rapporti con la mafia, per le mazzette versate a giudici e testimoni, per il conflitto d’interessi, per le leggi vergogna e per l’infima e truffaldina classe dirigente da lui selezionata in questi anni.

Ma ciascuno ha il 25 luglio che si merita. E in un Paese malato come il nostro (non solo per colpa di Berlusconi) quello del Cavaliere non può che ricordare la trama di un film con Alvaro Vitali. Il processo con rito immediato per sfruttamento della prostituzione minorile e per concussione, richiesto dalla Procura di Milano contro il premier, è così destinato a diventare la fotografia perfetta dell’Italia di oggi: con le telefonate in Questura in cui la diciassettenne Ruby viene spacciata dal premier per “nipote di Mubarak”, con le bugie di Berlusconi smentite in tempo reale dalle intercettazioni telefoniche, con le centinaia di migliaia di euro versati esentasse per comprare il silenzio e il corpo di decine e decine di ragazze.

Certo, oggi il presidente del Consiglio grida, come di consueto contro i pm, che “vogliono sovvertire la democrazia”, dimenticando che la democrazia non ha solo a che fare con il modo con cui si sceglie chi sta al potere (il voto), ma anche con la maniera con cui si controlla chi è al potere. I suoi onorevoli avvocati cercano invece nei codici un buon motivo per tentare di spostare e rinviare sine die il dibattimento. Ma qui, ormai, il problema non è solo giudiziario. Il problema è politico. L’Italia è governata da un primo ministro ricattabile e forse ricattato (è stato Umberto Bossi a dire che le escort sono inviate “dalla malavita”, mentre sono noti i rapporti di Lele Mora con boss della ‘ndrangheta). Da un uomo che sceglie chi mandare nelle istituzioni a rappresentare i cittadini sulla base della capacità dimostrata nel gestire le ragazze a pagamento (la consigliera regionale Nicole Minetti). Da un sempre più anziano signore incapace di comprendere che con i suoi comportamenti mette alla berlina, non se stesso, ma un’intera e sfortunata nazione.

Il Fatto Quotidiano, 15 gennaio 2010

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