lunedì 31 gennaio 2011

Assemblea nomina Coordinatore

                       Sezione di SEL
                       Via A.Gramsci,n.1
                       28053-Castelletto Sopra Ticino (NO)

                                                                        


Cara/o Compagna/o,
Le iscritte ed iscritti di SEL del circolo di Castelletto Sopra Ticino terranno l’assemblea per la nomina del coordinamento direttivo presso la propria sede sita in Via Gramsci n.1  venerdì 4 Febbraio alle ore 21.00.
Dopo la relazione introduttiva, tenuta da Nicola Fonzo coordinatore provinciale nonché candidato sindaco per Novara, si aprirà il dibattito per la nomina del coordinamento del circolo.

ORDINE DEL GIORNO:

1- ELEZIONE DEL COORDINATORE;
2- ELEZIONE DEL TESORIERE;
3- ELEZIONE DEL COORDINAMENTO;

L’assemblea è pubblica, pertanto è gradita la partecipazioni ed il contributo di iscritti e non .

Si coglie l’occasione per avvisare che la sezione di Castelletto Sopra Ticino ha intenzione di organizzare nei prossimi mesi l’inaugurazione della sede, incontri culturali, corsi e tanto altro ancora !!!

Tutte le iniziative organizzate da SEL in provincia di Novara e dalla sezione di Castelletto Sopra Ticino puoi trovarle sul blog selcastellettosopraticino.blogspot.com/.





                                                                       Il Coordinatore Provinciale SEL
                           
                                                                              Nicola Fonzo


Sindrome di Quirra, la magistratura
apre un’inchiesta sul poligono
della morte
Dopo la pubblicazione di una relazione dell'Asl di Cagliari sullo
sproporzionato aumento di casi di tumore fra gli allevatori della
 zona e sulle gravi malformazioni che hanno colpito i loro animali,
la procura di Lanusei ha aperto un fascicolo per capire
le conseguenze sul territorio del poligono interforze
nel sud della Sardegna
Stop ai bombardamenti. Da una settimana non si spara più nel poligono
 interforze Salto di Quirra, la più importante base europea di sperimentazione
 di armi belliche, a nord est di Cagliari. Ora si indaga per omicidio plurimo,
 omissione di atti di ufficio e inquinamento ambientale. Ma soprattutto si sta
cercando finalmente la verità sul reale impatto per la popolazione e l’ambiente
 legati alla presenza del centro militare dove esercito italiano e aziende private
collaudano armamenti, mezzi e dispositivi utilizzati in diverse guerre del pianeta.
Alla base dell’inchiesta della magistratura, un fascicolo aperto contro ignoti dal
procuratore capo di Lanusei, Domenico Fiordalisi, in seguito alla pubblicazione,
lo scorso 13 gennaio, di una relazione della Asl di Cagliari sullo sproporzionato 
aumento di casi di tumore fra gli allevatori della zona e sulle
gravi malformazioni che hanno colpito i loro animali.

“Il 65% del personale, impegnato con la conduzione degli animali negli allevamenti
ubicati entro il raggio di 2,7 km dalla base militare di Capo San Lorenzo a Quirra,
risulta colpito da gravi malattie tumorali” si legge nella relazione dell’azienda
sanitaria locale, la prima che ha monitorato tutti gli allevamenti della zona.
“Nel decennio 2000-2010, sono dieci le persone che risultano colpite da
neoplasie tumorali su un totale di diciotto. Si evidenzia una tendenza
all’incremento, negli ultimi due anni sono quattro i nuovi casi di neoplasie”.
 La “sindrome di Quirra”, come ormai è stata ribattezzata da cittadini e
comitati locali che da anni si battono per sapere quale è il reale prezzo da
pagare per ospitare la struttura nella loro terra.

Agnelli che nascono con sei zampe o senza occhi, malformazioni fetali,
e un numero anomalo di casi di tumori e leucemie fra gli abitanti dei piccoli
centri a ridosso del poligono che si estende per 120 chilometri quadrati in
 aree naturali aperte al pascolo oltre che sul mare. A Quirra, frazione di
appena centocinquanta residenti, dal 2001 gli abitanti hanno contato più
di 30 casi mentre almeno la metà sono stati registrati nei limitrofi centri
di Villaputzu, Muravera e San Vito. Emblematico secondo la Asl, il caso
di una famiglia di allevatori nella zona di Tintinau, tre dei quali hanno
sviluppato un tumore nell’arco di pochi anni, mentre a Escalaplano,
 paese di 2.500 anime nell’entroterra, ci si interroga ancora sulla causa
 della nascita, nel corso degli anni ottanta, di nove bambini
con gravi malformazioni.

Una sindrome che colpisce indistintamente giovani e anziani e che
presenterebbe somiglianze con le patologie contratte dai militari di ritorno
dai Balcani, dall’Afghanistan o dall’Iraq, alimentando il sospetto che
l’alto tasso di malattie fra la popolazione possa essere riconducibile
all’utilizzo, all’interno della base, di munizioni contenenti uranio impoverito
 o alla presenza di nano particelle di metalli pesanti, depositate nell’ambiente
in seguito alle sperimentazioni di razzi, missili e altri dispositivi sulle quali la
base garantisce il segreto militare e industriale.

Un sospetto su cui la Procura di Lanusei sembra ora voler andare a fondo.
Dopo aver disposto il sequestro di tutti i bersagli utilizzati durante le esercitazioni
e l’acquisizione di documenti sulle attività del poligono, è stata ufficializzato
mercoledì a Roma l’ingresso all’interno del pool di ricerca sulla
“sindrome di Quirra” di Antonietta Morena Gatti, esperta di nano particelle
e consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito,
che nei suoi studi ha messo in evidenza similitudini fra i microresidui pericolosi
ritrovati negli agnelli malati nati nei dintorni di Salto di Quirra e quelli presenti nei
tessuti di soldati colpiti da tumore al ritorno dalle missioni di guerra.

Prossima tappa dell’inchiesta un grande monitoraggio con il coinvolgimento
della popolazione, riguardo al quale la dottoressa avrà l’incarico di “analizzare
 tutti i reperti relativi a soggetti residenti o operanti nell’area del poligono che
 abbiano contratto tumori o linfomi negli ultimi anni”, e ciò al fine di verificare
la presenza di correlazioni fra le sostanze ritrovate nei tessuti e quelle presenti
sui bersagli e nell’ambiente dell’area militare.

“Accogliamo in modo estremamente positivo questa nuova inchiesta– dichiara
ilfattoquotidiano.itMariella Cao del comitato Gettiamo le Basi, che da anni
si batte contro le attività del poligono. “Finalmente si vede che c’è una strage in
corso, finalmente qualcuno prende atto dei morti e dei malati che nessuno ha mai
voluto vedere. Abbiamo molte speranze, ma non dimentichiamo che non è la prima
volta che si aprono inchieste poi finite nel porto delle nebbie. In questo momento
 il controllo dal basso rimane fondamentale”.

Mentre in Sardegna si aspetta la verità, l’elenco delle morti sospette
continua a crescere.
 L’ultima vittima si chiamava Alessandro Bellisai, militare deceduto per tumore
a 28 anni il 14 gennaio a Cagliari, dopo essere rientrato nell’aprile
scorso dall’Afghanistan.
In passato aveva anche trascorso un periodo di addestramento al poligono
interforze Salto di Quirra.

sabato 29 gennaio 2011

Fini e Berlusconi: Ombre rosse per duello al sole a mezzogiorno di fuoco. Apocalisse no


mercoledì 26 gennaio 2011

Giornata della Memoria

Perché oggi si celebra 
il Giorno della Memoria?
Istituito dieci anni fa, il Giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio perché in questa data le Forze Alleate liberarono Auschwitz dai tedeschi. Al di là di quel cancello, oltre la scritta «Arbeit macht frei» (Il lavoro rende liberi), apparve l’inferno. E il mondo vide allora per la prima volta da vicino quel che era successo, conobbe lo sterminio in tutta la sua realtà. Il Giorno della Memoria non è una mobilitazione collettiva per una solidarietà ormai inutile. È piuttosto, un atto di riconoscimento di questa storia: come se tutti, quest’oggi, ci affacciassimo dei cancelli di Auschwitz, a riconoscervi il male che è stato.

Che cosa è, che cosa rappresenta Auschwitz?
Auschwitz è il nome tedesco di Oswiecin, una cittadina situata nel sud della Polonia. Qui, a partire dalla metà del 1940, funzionò il più grande campo di sterminio di quella sofisticata «macchina» tedesca denominata «soluzione finale del problema ebraico». Auschwitz era una vera e propria metropoli della morte, composta da diversi campi - come Birkenau e Monowitz - ed estesa per chilometri. C’erano camere a gas e forni crematori, ma anche baracche dove i prigionieri lavoravano e soffrivano prima di venire avviati alla morte. Gli ebrei arrivavano in treni merci e, fatti scendere sulla cosiddetta «Judenrampe» (la rampa dei giudei) subivano una immediata selezione, che li portava quasi tutti direttamente alle «docce» (così i nazisti chiamavano le camere a gas). Solo ad Auschwitz sono stati uccisi quasi un milione e mezzo di ebrei.

Con il termine Shoah  che cosa si definisce?
Shoah è una parola ebraica che significa «catastrofe», e ha sostituito il termine «olocausto» usato in precedenza per definire lo sterminio nazista, perché con il suo richiamo al sacrificio biblico, esso dava implicitamente un senso a questo evento e alla morte, invece insensata e incomprensibile, di sei milioni di persone. La Shoah è il frutto di un progetto d’eliminazione di massa che non ha precedenti, né paralleli: nel gennaio del 1942 la conferenza di Wansee approva il piano di «soluzione finale» del cosiddetto problema ebraico, che prevede l’estinzione di questo popolo dalla faccia della terra. Lo sterminio degli ebrei non ha una motivazione territoriale, non è determinato da ragioni espansionistiche o da una per quanto deviata strategia politica. È deciso sulla base del fatto che il popolo ebraico non merita di vivere. È una forma di razzismo radicale che vuole rendere il mondo «Judenfrei» («ripulito» dagli ebrei).

Quali sono gli antecedenti?
L’odio antisemita è un motivo conduttore del nazismo. La Germania vara nel 1935 a Norimberga una legislazione antiebraica che sancisce l'emarginazione. Tre anni dopo l’Italia approva anch’essa un complesso e aberrante sistema di «difesa della razza», rinchiudendo gli ebrei entro un rigido sistema di esclusione e separazione dal resto del paese. Ma questa terribile storia ha dei millenari precedenti. Prima dell’Emancipazione, ottenuta in Europa nella seconda metà dell'Ottocento, gli ebrei erano vissuti per millenni come una minoranza appena tollerata, non di rado perseguitata e cacciata, e sempre relegata entro i ghetti. Tanto nel mondo cristiano quanto sotto l'Islam. Visti con diffidenza e odio per la loro fede tenace (e, dal punto di vista della maggioranza, sbagliata), hanno sempre rappresentato il «diverso», la presenza estranea. Anche se da millenni vivono qui e si sentono europei.

Perché la Shoah è un evento unico?
Dopo la Shoah è stato coniato il termine «genocidio». Purtroppo il mondo ne ha conosciuti tanti, e ancora troppi sono in corso sulla faccia della terra. Riconoscere delle differenze non significa stabilire delle gerarchie nel dolore: come dice un adagio ebraico «Chi uccide una vita, uccide il mondo intero». Ma mai, nella storia, s’è visto progettare a tavolino, con totale freddezza e determinazione, lo sterminio di un popolo. Studiando le possibili forme di eliminazione, le formule dei gas più letali ed «efficaci», allestendo i ghetti nelle città occupate, costruendo i campi, studiando una complessa logistica nei trasporti, e tanto altro. La soluzione finale non è stata solo un atto di inaudita violenza, ma soprattutto un progetto collettivo, un sistema di morte. 

Perché ricordare e commemorare?
Il Giorno della Memoria non vuole misconoscere gli altri genocidi di cui l'umanità è stata capace, né sostenere un’assai poco ambita «superiorità» del dolore ebraico. Non è infatti, un omaggio alle vittime, ma una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo è stato capace di questo. Non è la pietà per i morti ad animarlo, ma la consapevolezza di quel che è accaduto. Che non deve più accadere, ma che in un passato ancora molto vicino a noi, nella civile e illuminata Europa, milioni di persone hanno permesso che accadesse. 

Il Paese dimenticato

Sono parole grigie, noiose e dimenticate nei giorni in cui politici e giornalisti
 studiano la pronuncia del cognome di Ruby (Karima El Mahroug) e
 l’etimologia dell’espressione bunga bunga”. Ma con una singolare 
coincidenza di tempi, il presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano,
 e il Fondo monetario internazionale ricordano che le priorità per l’Italia
dovrebbero essere altre: debito, crescita, tasse, Efsf 
(acronimo ancora oscuro in Italia, ma decisivo, è il Fondo salva-Stati europeo).

Il Quirinale ricorda: “Tra tante difficoltà e tensioni è essenziale che ciascun 
soggetto istituzionale, economico e sociale faccia più che mai la sua parte, 
il suo dovere”. E l’obiettivo da raggiungere, per quanto arduo, 
è chiaro: la crescita. Dice Napolitano: “È imperativo per l’Italia andare al 
di là di questi limiti, forzare la crescita oltre queste previsioni che sono 
troppo inferiori alle nostre esigenze, all’esigenza di un rafforzamento 
della nostra collocazione nell’economia europea e ancor più mondiale”.

Le previsioni a cui fa riferimento il Colle, infatti, sono sempre meno
 ottimistiche. Ieri ci ha pensato il Fondo monetario internazionale
 a ricordarlo, con l’aggiornamento del suo rapporto sull’economia mondiale.
 “Nelle economie avanzate l’attività economica ha rallentato meno
 del previsto, ma la crescita resta contenuta, la disoccupazione è ancora alta”.
 E nel caso dell’Italia la novità è che la crescita prevista per il Pil nel 2011 sarà 
soltanto l’uno per cento, nel 2012 sarà l’1,3 per cento. Molto poco, 
quanto stimato dalle previsioni più fosche in circolazione in Italia 
(le ultime sono quelle del Centro studi di Confindustria).

Sembra un tecnicismo, ma è un messaggio fortemente politico: il Fmi chiede 
all’Europa di rafforzare urgentemente l’Efsf, cioè il Fondo salva Stati dell’Ue.
 Tradotto: anche l’Italia dovrà tirar fuori diversi miliardi da mettere da parte 
nell’ipotesi che fallisca la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda o la stessa Italia. 
Soldi che saranno sotto la gestione della Germania, primo contribuente al fondo, 
che in cambio dell’ombrello di protezione chiederà drastici risanamenti dei conti. 
E al confronto di ciò che queste richieste comporteranno, la manovra estiva da 
25 miliardi di euro sembrerà solo un antipasto. 
Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti sta facendo il possibile per evitare 
che queste evoluzioni europee sfianchino l’economia italiana, 
ma si muove da solo.
 Il resto del governo è completamente immobile: sia sul fronte 
del risanamento (cioè la riorganizzazione della spesa pubblica che passa anche 
per il federalismo fiscale) sia sulle misure per la crescita, con la riforma fiscale 
dimenticata da mesi, le imprese abbandonate al loro destino di delocalizzazione 
o licenziamenti, per non parlare delle infrastrutture che non vanno mai oltre
 la posa della prima pietra. Un immobilismo tale che, quando Fabio Fazio 
ha chiesto a Emma Marcegaglia quale fosse la prima cosa che la 
Confindustria si aspettasse dal governo, lei non ha saputo bene cosa rispondere.

Che fine ha fatto la riforma fiscale
Tutti i soggetti economici del Paese chiedono che, come reazione alla crisi, 
ci sia una riforma del fisco. In un senso o nell’altro. La Cgil chiede 
una tassa patrimoniale e sgravi per il lavoro dipendente. 
Le imprese vogliono detassazioni della produttività 
(in parte sono state concesse), aspettano ancora la cancellazione dell’Irap 
o un qualsiasi altro intervento in loro favore. Del grande progetto annunciato 
dal ministro Giulio Tremonti a ottobre 2010 si sono perse le tracce.
 La base doveva essere il solito libro bianco del 1994
 (quando Berlusconi “scese in campo”) poi le parti sociali dovevano 
esprimersi e il governo recepire le indicazioni.
 Ma poco dopo è comparsa Ruby.
Spetterebbe al ministro dello Sviluppo Paolo…
Spetterebbe al ministro dello Sviluppo Paolo Romani preoccuparsi 
della cosiddetta “economia reale”. Al ministero ci sono 170 tavoli 
di crisi, alcuni dei quali che hanno avuto una certa visibilità e 
rilevanza politica nei mesi scorsi prima che il bunga bunga, 
la concussione e Ruby oscurassero tutto. C’è ancora il caso 
della Vinyls, l’impresa degli operai che da oltre un anno 
occupano L’Asinara come protesta per il blocco della 
produzione chimica in Sardegna (L’Isola dei Cassintegrati). 
C’è la Tirrenia, non ancora davvero privatizzata. 
C’è lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, che a 
dicembre chiuderà definitivamente. Il ministro ha 
annunciato più volte liste di compratori che se lo 
contendevano ma non si è ancora arrivati a una soluzione.
 Il ministro Romani, però, fin dal suo insediamento non si è 
distratto un attimo nella gestione del passaggio 
dlla tv analogica a quella digitale, soprattutto per evitare 
che Sky trasmetta in chiaro sul digitale.
 E sta provando in ogni modo a bloccare l’unico 
concorrente di Mediaset nei contenuti a pagamento
 (di pochi giorni fa il nuovo ricorso al Consiglio di Stato).
La Cgil, poi, ha il sospetto che il miliardo di euro stanziato 
nella legge di Stabilità (la Finanziaria) per prorogare la cassa
 integrazione in deroga sia molto più virtuale che reale.
 Mentre sono molto concreti i soldi che continuano a uscire 
dalle casse ministeriali per sostenere aziende che sarebbero
 private come Telecom Italia (che beneficia di contratti di
 solidarietà concessi dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi
 e motivati, esplicitamente, con la necessità di ridurre i costi
 per aumentare il dividendo agli azionisti). Sempre Sacconi, 
poi, ha scelto di non rispondere alle questioni sollevate dalla 
Fiat di Sergio Marchionne, rifiutandosi di fare una legge 
in materia di rappresentanza (come si scelgono i rappresentanti 
sui luoghi di lavoro).
Di ogni riforma, anche quelle che ripristinano rigidità e protezioni
per i professionisti (come quelle a difesa degli avvocati), 
si sono perse le tracce. 

Europa e debito. Il rischio da 40 miliardi
Ci sono ancora poche settimane prima dei Consigli europei 
di febbraio e marzo, quando le nuove regole sul debito pubblico 
diventeranno operative, legate ai versamenti al fondo salva-Stati. 
In questo momento tutti i governi europei stanno cercando di 
tutelare il proprio interesse nazionale, per evitare di essere 
troppo penalizzati. 
Per l’Italia tutto il peso è sulle spalle del ministro del Tesoro 
Giulio Tremonti e del direttore generale Vittorio Grilli. 
Ma il governo, invece di sostenerli in una vicenda che 
rischia di costare all’italia fino a 40 miliardi (miliardi!) 
all’anno per tre anni, per avvicinare il debito al 60 per cento
 del Pil, mentre oggi è quasi al 120.


Silvio Berlusconi, invece che spendere il suo (residuo) peso 
diplomatico a sostegno di Tremonti e della linea italiana
 (meglio titoli di debito europei che salvataggi) costringe
il suo ministro a Bruxelles a dire, nel giorno in cui escono
 le intercettazioni sui festini di Arcore, che è “orgoglioso” 
di far parte del governo. Dopo aver perso tutte le partite 
europee per le nomine (dalla candidatura di Massimo D’Alema
 al ruolo di ministro degli Esteri Ue a quella di Mario Mauro
 per l’Europarlamento), la debolezza di questi mesi impedisce
 al governo di lavorare per l’obiettivo diplomatico più importante, 
quella per la presidenza della Bce. Nel 2012 scade il mandato 
di Jean-Claude Trichet. Se al suo posto arriverà 
il tedesco Axel Weber, l’Europa sarà tutta culturalmente tedesca,
 con le priorità di Berlino come unica linea. Per questo sarebbe
 nell’interesse dell’Italia sostenere la candidatura di Mario Draghi, 
governatore della Banca d’Italia. Ma Tremonti non lo ama e 
Berlusconi ha altro a cui pensare.




Il Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2011


"...E lui si diverte"