venerdì 29 luglio 2011

Articolo 21

E' uno sconcio che in Italia dobbiamo esultare perchè una brava e stimata giornalista quale è MILENA GABANELLI riesca a fare le sue trasmissioni di inchiesta sulle reti pubbliche solo dietro una votazione del Consiglio di Amministrazione RAI spaccato a metà con 4 voti a favore e 4 contrari con il voto del Presidente Galimberti a far pendere la bilancia a favore della Gabanelli: dopo la vicenda Santoro, forse anche per qualche consigliere votare contro sarebbe stato uno sfregio a molti Italiani che amano le inchieste superpartes della Gabanelli.
Ora speriamo che anche Fazio, Floris e Saviano possano avere spazio sulle reti Rai che di pubblico hanno proprio pochino.

Ipse dixit!

"Una capitale diffusa non è pensabile, c’è Roma”. E qualche riga prima: l’apertura delle sedi distaccate dei ministeri a Monza "confligge con la Costituzione”, e oltretutto l’inaugurazione di quelle sedi illecite e incostituzionali è stata fatta "senza nemmeno che vi fosse un decreto pubblicato in Gazzetta ufficiale”. Il testo della lettera inviata al governo dal capo dello Stato indica che stavolta Napolitano ha preferito non affidarsi ai classici giri di parole diplomatici e per censurare la sceneggiata leghista dei "ministeri al nord” è andato giù con severità e durezza senza precedenti....
La risposta tracotante di Bossi è stata:" Le nuove sedi dei Ministeri rimangono dove sono,cioè a Monza"

Meditate!

lunedì 25 luglio 2011

Avaaz chiama, il Circolo SEL "Peppino Impastato" risponde

Cari amici,



Il popolo palestinese ha chiesto al mondo intero di riconoscere lo stato della Palestina. Oltre 120 paesi hanno risposto all'appello, ma gli Stati Uniti e Israele si sono opposti e i leader europei non hanno ancora deciso da che parte stare. Se riusciremo a convincere l'Europa a sostenere questo processo nonviolento e legittimo ora, potremmo avere un cambio di rotta decisivo verso la pace. Clicca per firmare questa petizione urgente:



Fra quattro giorni si riunirà il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, e il mondo intero avrà la possibilità di adottare una nuova proposta che potrebbe segnare il cambio di rotta di decenni di negoziati di pace fra israeliani e palestinesi: il riconoscimento da parte dell'ONU dello stato palestinese.

Oltre 120 nazioni del Medio Oriente, Africa, Asia e America Latina hanno già dato la loro adesione all'iniziativa, ma il governo di destra in Israele e gli Stati Uniti sono fortemente contrari. L'Italia e altri paesi chiave dell'Europa sono ancora indecisi, e un'enorme pressione da parte dell'opinione pubblica potrebbe convincerli a votare in favore di questa opportunità per mettere fine all'occupazione.

I negoziati di pace guidati dagli Stati Uniti, che vanno avanti ormai da decenni, hanno fallito, mentre Israele ha imprigionato il popolo palestinese, confiscato le sue terre e bloccato la Palestina dal diventare un'entità politica sovrana. Questa nuova coraggiosa iniziativa potrebbe liberare il popolo palestinese dalla prigionia, ma perché ciò avvenga l'Europa deve guidare l'operazione. Costruiamo una chiamata globale enorme rivolta all'Italia e ad altri leader europei per dichiarare il nuovo stato ora, e facciamo sì che il sostegno dei cittadini di tutto il mondo a questa proposta legittima, nonviolenta e diplomatica sia chiaro e forte. Clicca sotto per firmare la petizione e invia questa e-mail a tutti:

http://www.avaaz.org/it/independence_for_palestine_eu/?vl

Se tracciare le origini del conflitto israelo-palestinese è complicato, la maggioranza della popolazione da ambedue le parti è invece d'accordo su un punto: il modo migliore per raggiungere la pace ora è la creazione dei due stati. Tuttavia, i diversi negoziati di pace che si sono susseguiti sono stati indeboliti da episodi di violenza da ambedue le parti, i tanti insediamenti israeliani in Cisgiordania e il blocco umanitario di Gaza. L'occupazione di Israele ha ridotto e frammentato il territorio dello stato palestinese e reso la vita di tutti i giorni dei palestinesi un inferno. L'ONU, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno annunciato recentemente che i palestinesi sono pronti per avere uno stato indipendente, ma il più grande ostacolo alla sua riuscita è l'occupazione da parte d'Israele. Persino il Presidente degli Stati Uniti ha chiesto di mettere fine all'espansione dei territori e di ritornare invece ai confini del 1967 con accordi sugli scambi di terra, ma il Primo ministro Netanyahu ha reagito furiosamente: il messaggio di non cooperazione non poteva essere più chiaro di così.

E' arrivata l'ora di un cambiamento epocale e di passare da un futile processo di pace a un nuovo cammino verso il progresso. Mentre Isreale e il governo americano dicono che l'iniziativa palestinese è "unilaterale" e pericolosa, in realtà le nazioni di tutto il mondo appoggiano pienamente questa mossa diplomatica che rigetta la violenza. Il riconoscimento globale della Palestina potrebbe isolare gli estremisti e incoraggiare il crescente movimento nonviolento israelo-palestinese in corso insieme al vento pro-democrazia che sta soffiando nella regione. Ma più importante ancora, potrebbe salvare il cammino verso un negoziato sugli insediamenti, permettere ai palestinesi l'accesso a una serie di istituzioni internazionali che potrebbero aiutarli a raggiungere la libertà, e inviare un chiaro messaggio al governo in favore dell'occupazione dei territori che il mondo non è più disposto ad accettare l'impunità e l'intransigenza.

Per troppo a lungo ormai Israele ha messo a repentaglio la speranza della nascita dello stato palestinese. Per troppo a lungo gli Stati Uniti sono stati accondiscendenti e per troppo a lungo l'Europa si è nascosta dietro gli Stati Uniti. Ora Italia, Francia, Spagna, Germania, Regno Unito e l'Alto Rappresentante dell'Ue non hanno ancora deciso da che parte stare sulla costruzione dello stato palestinese. Appelliamoci a loro perché si mettano dalla parte giusta della storia e perché sostengano la dichiarazione della Palestina per la libertà e l'indipendenza, attraverso un forte sostegno e con il necessario aiuto economico. Firma ora la petizione urgente per chiedere all'Europa di sostenere l'iniziativa e appoggia questo passo decisivo per una pace di lungo termine fra Israele e Palestina:

http://www.avaaz.org/it/independence_for_palestine_eu/?vl

La costruzione dello stato palestinese non risolverà questo lungo conflitto di punto in bianco, ma il riconoscimento dell'ONU cambierà tutto e aprirà le porte alla libertà e alla pace. In tutta la Palestina il popolo si sta preparando con molte aspettative e speranze per riprendersi la libertà che questa generazione non ha mai conosciuto. Mettiamoci dalla sua parte e facciamo pressione sull'Europa perché faccia lo stesso, così com'è avvenuto quando ha sostenuto il popolo egiziano, siriano e libico.

Con speranza e determinazione,

Alice, Ricken, Stephanie, Morgan, Pascal, Rewan e il resto del team di Avaaz

sabato 23 luglio 2011

La Lega taglia la Sanità pubblica in Italia  e  il Senatur va in Svizzera a sottoporsi ad intervento chirurgico: meditate!

venerdì 22 luglio 2011


Genova, 10 anni dopo

   
Sono passati dieci anni dal G8 di Genova. Non si tratta qui di fare del reducismo – oltre che patetico sarebbe anche prematuro – ma di provare a riflettere su alcuni processi che sono iniziati lì, o anche emersi per la prima volta lì, e che stanno venendo a maturazione solo ora. Il trentennio conservatore italiano iniziato con la creazione di TeleMilano58 nel 1978 è stato tante cose cattive, ma dentro di sé ha nutrito anche degli anticorpi, un “futuro migliore che cresce nel presente” come scrivemmo qui. L’eredità di Genova è anche questo e vale la pena iniziare una riflessione seguendo alcuni filoni.
1.Gli anni dopo Genova sono stati un periodo anche di conflitto tra “partiti” e “movimenti”. Il movimento no-global è stato parte di un ciclo di cui fanno parte, tra gli altri, quello contro la guerra in Iraq, il movimento sindacale per l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, i girotondi, gli studenti, i ricercatori sui tetti, i precari e, non ultimo, il movimento delle donne che si è riunito da poco a Siena. Abbiamo scritto qui di come la vittoria ai referendum sia stata “l’onda lunga” di Genova dove si mobilitarono nuovi pezzi di società ed emerse il tema dei beni comuni.
Non sempre questi “movimenti” si sono tradotti in rappresentanza politica, anche se spesso hanno mobilitato le persone e aumentato la partecipazione al voto di una parte di società. Sono stati, molto probabilmente, una grande scuola di politica: dopo il G8 di Genova, forse in molti l’hanno dimenticato, ci fu il Social Forum di Firenze in cui decine di migliaia di persone parteciparono a giornate intere di studio e “controinformazione” tra l’altro proprio sul tema dei beni comuni.
2. Il tema della violenza non è secondario nell’analizzare i fatti di dieci anni fa. La violenza delle forze dell’ordine prima di tutto, che a Genova tutto garantirono tranne che l’ordine. I giorni di luglio nel capoluogo ligure, e prima ancora le violenze a Napoli nel marzo di quell’anno, furono un po’ l’introduzione ad altre violenze e violazioni di diritti degli anni successivi: c’è un filo rosso che lega i torturatori di quei giorni con chi è, probabilmente, responsabile delle morti di Cucchi e Aldovrandi ed è l’idea che il rappresentante dello Stato può permettersi di giocare con il corpo di un cittadino perché tanto non ne dovrà rispondere. E’ difficile dire se fu più spaventoso l’assalto alla scuola Diaz o le torture della caserma di Bolzaneto dove, raccontarono alcuni, un ministro del governo Berlusconi di allora, apriva le porte delle stanze dove venivano compiute le violenze, osservava e poi richiudeva senza battere ciglio. Forse, per chi ci è stato, una delle immagini più paurose è quella di quelle ambulanze autogestite, in realtà delle macchine private con delle grandi croci rosse che portavano i feriti in posti dove potessero essere curati e non in ospedale perché lì arrivava la polizia e ti portava a Bolzaneto. Di alcune ragazze e di alcuni ragazzi non si seppe nulla per alcuni giorni e il ministro degli Esteri di allora, il “moderato” Ruggero, disse che forse erano andati al mare. Massimo D’Alema, commentando in parlamento l’assalto della polizia alla scuola Diaz, disse che Genova in quei giorni era assomigliata al Cile di Pinochet. Forse è vero che ci è stato ha assaporato per poche ore quella sospensione del diritto e dell’immunità personale che i siriani, gli egiziani, i tunisini e tanti altri popoli del mondo hanno respinto e stanno respingendo in questi mesi.
Ci fu, è vero, anche la violenza di una piccola minoranza che si mischiò ai manifestanti e che fu poi emarginata dal movimento italiano, tanto è vero che negli appuntamenti successivi, nonostante gli allarmi ripetuti, non ve ne fu traccia. E’ interessante vedere come la riflessione sul tema della violenza che fu avviata a partire da lì soprattutto dentro l’allora Rifondazione Comunista abbia fatto sì che oggi la nonviolenza sia considerata, da una parte considerevole della sinistra, non un semplice metodo ma un contenuto.
3. A Genova c’erano tante e tanti cattolici, e forse questo è uno dei particolari meno studiati. Il trentennio conservatore italiano ha visto sì la rivincita di molte correnti tradizionaliste e la nascita di nuovi fondamentalismi – dal consolidamento al potere di Comunione e Liberazione al successo dei neocatecumenali – ma anche il radicarsi di tante esperienze nate in seguito al Concilio Vaticano Secondo: credenti un po’ ribelli rispetto alle gerarchie ma sicuramente molto concreti e impegnati nell’economia del noi come nel movimento antimafia. Di tutte le anime del movimento no global questa è forse quella che ha avuto meno rappresentanza politica e, come si dice oggi, meno “narrazione”. Eppure questa parte non piccola dei credenti italiani ha un ruolo non secondario e la sinistra farebbe bene a rifletterci su invece che di inseguire un’idea di “mondo cattolico” da anni ’50 (ne scrivemmo più a lungo qui).
4. Sono tantissimi gli altri temi che nascono da una riflessione su quei giorni di dieci anni fa. Vale la pena, per esempio, accennare al tema della “controinformazione” e al rapporto causa-effetto tra la diffusione della Rete e la nascita del movimento no global. Fu poi un movimento di diverse generazioni insieme: non figli contro padri come sogna da anni la destra italiana, ma figli con padri, madri e molto spesso nonni e nonne. Infine, un’annotazione sulla sigla: oggi il “G8” è quasi archeologia politica e gli equilibri del mondo sono cambiati, quasi mai in meglio. Oggi un operaio italiano ha uno stipendio che è più vicino alle fabbriche di avanguardia cinesi che a quelle tedesche. Allo stesso tempo, milioni di brasiliani sono usciti dalla povertà e la vita per molti cinesi è migliore oggi di dieci anni fa. L’economia finanziaria, in genere, è molto più potente che nel secolo scorso. Ma tutto questo, davvero, merita un discorso a parte.
Ciò che vale la pena ricordare, ancora una volta oggi, è che il trentennio conservatore italiano è stato anche queste cose che si è provato ad accennare qui. Non perché si voglia “celebrare” le grandezze di un mitico movimento nel passato – in questo caso quello di Genova del 2001 che ebbe molti difetti – ma perché per pensare al futuro è anche necessario cogliere gli elementi positivi del presente su cui costruirlo.
Mattia Toaldo

“Mediocracy”, la dura legge della Casta
Uno studio inedito sui meccanismi di selezione dei parlamentari rivela perché abbiamo la peggiore classe politica di sempre: la più ignorante, la più vecchia, la più assente e la più pagata al mondo
La più vecchia, la più assenteista, la più costosa tra i paesi sviluppati. E insieme, la meno istruita e preparata nella storia della Repubblica. In altre parole “la più mediocre classe politica che l’Italia abbia avuto dal 1948”. Niente meno. Questo giudizio, durissimo, non arriva da una poltrona rossa di Ballarò o da uno SpiderTruman della rete ma è la convinzione di un economista italiano di fama mondiale che si è posto un problema: capire perché l’insieme dei parlamentari italiani si trasformi “matematicamente” nella casta. E ce l’ha fatta. Antonio Merlo, direttore del dipartimento di Economia della University of Pennsylvenia, ha scoperto la formula della “mediocrazia” (leggi l’intervista a Merlo)”, cioè della propensione tutta italiana a far sedere in Parlamento non i migliori ma gli “unfit to lead”, gli inadatti a governare, per usare una celebre frase usata dall’Economist per definire Berlusconi. Ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere in anteprima questo workpaper inedito che farà discutere ben oltre gli ambienti accademici. Si chiama appunto “mediocracy” e termina con un modello di calcolo che potrà diventare un simbolo per chi vuole cambiare le cose:

Guardatela bene, anche senza capirla. La si potrebbe perfino appendere dietro alla scrivania o stampare su t-shirt, come la legge di gravità. Perché questa, signori e signore, è la legge della casta italiana. Dentro c’è tutto: c’è il berlusconismo, ci sono le leggi ad personam, il conflitto di interessi, i privilegi, i faccendieri, la corruzione. Risponde con i numeri alle domande che assillando gli italiani: chi abbiamo mandato in parlamento? Perché lavora per i propri privilegi e non per noi? Perché guadagna tanto e rende poco? Perché tutti votano le leggi utili a uno solo? A cosa servono gli affaristi nella politica?

Ebbene il risultato dei calcoli complessi fatti da Merlo confermano che l’Italia ha bisogno di una rivoluzione istituzionale e non di qualche taglio, di un intervento urgente sulla legge elettorale perché quella attuale (il sistema elettorale proporzionale a liste chiuse) incentiva “in modo perverso” i partiti a selezionare “non i migliori candidati possibili ma i più mediocri, i cosiddetti yesman, utili ad assecondare il partito e il capo e a votare compatti anche quello che un cittadino intellettualmente onesto mai voterebbe”. Ecco perché secondo Merlo “i provvedimenti indicati nella bozza di riforma di Calderoli vanno sicuramente nella direzione giusta ma rischiano di restare un “contentino” senza una riforma istituzionale del sistema politico”.

In ogni caso, da oggi, l’espressione “era meglio la Prima Repubblica” non è più un modo di dire. E’ una certezza matematica. Costruita mettendo nero su bianco una serie di variabili come l’età, il livello di istruzione, il tasso di crescita delle indennità parlamentari, i tassi di assenteismo dei nostri “eletti”.

In pratica un sistema di coordinate che descrive puntualmente quella fuga in avanti della casta rispetto al Paese reale e da quello che avviene in altre nazioni. In Italia c’è una sorta di regno autonomo della mediocrazia, dove in sessant’anni le retribuzioni dei governanti sono cresciute del 1.185% con una media annua del 10%, mentre quelle dei governati solo di qualche punto percentuale. Dove i governati hanno sudato per garantire ai figli un’istruzione universitaria mentre tra i governanti il numero di laureati scendeva drasticamente. Di questo passo, si arriverà presto al paradosso che il corpo degli eletti sarà meno istruito dei suoi stessi elettori, suggellando così il definitivo trionfo della mediocrazia.

I PIU’ VECCHI E MENO ISTRUITI

Chi siede alla Camera e al Senato oggi è più vecchio. Prima del 92-94 si entrava in Parlamento con un’età media di 44,7 anni contro i 48,1 della Seconda. Oggi la media è 50 anni. Decisamente il Paese con la classe politica più vecchia d’Europa e che tende ancora a restare in Parlamento di più sganciandosi dalla tendenza delle altre nazioni a rinnovare la classe dirigente puntando su eletti mediamente più giovani. Il tasso di ricambio in Parlamento, calcolato come la proporzione dei nuovi entranti nel periodo 1953-2008, si è attestato intorno al 40 per cento. Nella II Legislatura (1953-58) era stata del 37,6 per cento, mentre aveva raggiunto la quota minima del 26,3% nella VIII Legislatura (1979- 1983). Nella XII Legislatura (1994-1996), che ha segnato l’inizio della Seconda Repubblica, il tasso di ricambio è balzato al 69,5 per cento e da allora si è mantenuto costante attorno al 45-50 per cento.

Il raffronto tra retribuzioni e tassi di istruzione è scioccante: le indennità parlamentari sono cresciute del 10% l’anno mentre la quota di laureati è scesa dello 0,5% annuo.



* Fonte: The Ruling Class (Edizioni Egea – Università Bocconi 2010) – A. Merlo, V. Galasso, M. Landi, A. Mattozzi

IGNORANTI IN AUTO BLU

Più vecchi e tuttavia meno preparati. La percentuale dei nuovi eletti con una laurea è significativamente diminuita nel corso del tempo con un brusco crollo nel passaggio tra la prima e la seconda Repubblica: dal 91,4% nella I Legislatura, al 64,6% all’inizio della XV Legislatura. In pratica la casta è riuscita ad andare contro la tendenza nazionale che, negli stessi anni, ha visto aumentare sensibilmente la quota di popolazione istruita. Di questo passo, si arriverà al paradosso che il corpo degli eletti sarà meno istruito dei suoi stessi elettori.



ASSENTEISTI SI’, MA STRAPAGATI

Vecchi, impreparati ma meglio pagati di tutti. A dispetto della qualità del ceto politico in picchiata, le indennità parlamentari sono schizzate alle stelle sganciandosi da quanto accadeva nel resto del Paese. In Italia l’indennità parlamentare annua, in termini reali (misurata in euro del 2005), è aumentata da 10.712 euro nel 1948 a 137.691 euro nel 2006, il che significa un aumento medio del 9,9 per cento all’anno e un incremento totale di 1.185,4 per cento (negli Stati Uniti l’incremento annuale è stato dell’1,5 per cento e l’incremento totale del 58 per cento!).

Entrare nel Parlamento Italiano conviene sempre: i redditi totali dei deputati nel primo anno di attività in Parlamento aumentano del 77% rispetto a quelli dell’anno precedente. Dal 1985 al 2004, in Italia il mestiere del Parlamentare è stato particolarmente redditizio. Infatti, il reddito reale annuale di un parlamentare è cresciuto tra 5 e 8 volte più del reddito reale annuale medio di un operaio, tra 3,8 e 6 volte quello di un impiegato, e tra 3 e 4 volte quello di un dirigente. Dalla fine degli anni 90’, il 25% dei parlamentari guadagna un reddito extraparlamentare annuale che e’ superiore al reddito della maggioranza dei dirigenti.



 Interessante anche l’effetto deteriore sulla partecipazione derivante dal possibilità di cumulare reddito privato professionale e indennità di carica. Ogni singolo anno trascorso in Parlamento incrementa i redditi addizionali all’indennità parlamentare del 4,2 per cento nel primo anno in Parlamento. Questo spiega anche lo scarso impegno degli eletti in aula: i calcoli dicono che in media ogni 10mila euro di extra reddito riduce la partecipazione in Parlamento dell’1%.

IL BERLUSCONISMO: L’INIZIO DELLA FINE

Ultima riflessione riguarda le date del declino di tutti gli indici che si possono considerare “positivi” nella definizione della classe politica e la crescita costante di quelli che si possono definire “negativi”. L’andamento delle curve relative a età, istruzione, assenteismo e indennità presenta uno snodo netto tra il 92 e il 94. Da allora ogni linea segue una tendenza diversa e contraria rispetto al passato, peggiorativa rispetto ai livelli di qualità della Prima Repubblica. “Allora – ragiona Merlo – sulle ceneri di Tangentopoli nasceva il partito di Silvio Berlusconi che ha reclutato una classe dirigente diversa dal passato proponendo al posto della rappresentanza politica del Paese il modello privatistico dello stato-azienda. Da allora le leggi ad personam si sono moltiplicate, i mali atavici dell’assenteismo e degli alti costi della politica si sono acuiti e il Paese è arretrato economicamente. L’insieme di queste spinte divergenti ha contribuito ad alimentare la mediocracy, la forma di governo che non premia i migliori e non fa cadere i peggiori”.

Il Fatto Quotidiano 21 luglio 2011

lunedì 18 luglio 2011

Il ricordo e la memoria

Il 19 luglio si celebra
tutti i giorni
Tra poche ore arriveranno le 16:58 del 19 luglio. Un appuntamento fisso per chi ha scolpito nella memoria quel 19 luglio, quello del 1992. Tutti quelli che hanno l’età per ricordarselo sanno dove erano quel giorno. E ovviamente anche dov’ erano 57 giorni prima, più o meno alla stessa ora..............

Quanto deve essere stato difficile per un Uomo del genere andare incontro alla morte sapendo perfettamente di farlo, di doverlo a ss stesso..................

E quanto dovrebbe essere facile oggi, per noi, celebrare tutti i giorni, e non soltanto il 19 luglio, quel sacrificio. Ritrovandoci sotto la bandiera della Legalità, senza divisioni e pregiudizi, senza settarismi e distinguo.

Grazie Giudice Paolo.

di Flavio Tranquillo


Riceviamo le ultime notizie sul caso Impastato:" Giovanni Impastato, fratello di Peppino è stato recentemente interrogato dalla Procura di Palermo. Si riapre il caso di depistaggio dell'omicidio di Peppino Impastato: il tempo è galantuomo e Giovanni spera in una definitiva chiarezza sulle responsabilità degli inquirenti in merito all'inquinamento delle prove fin dal giorno della morte del fratello, 33 anni or sono".
Doveroso ricordare Peppino oggi 19 Luglio

sabato 16 luglio 2011

MANOVRA FINANZIARIA: IL FUMO, L’ARROSTO…




Dopo il fumo degli annunci propagandistici di tagli agli sprechi, alla casta etc… ecco l’arrosto dei tagli reali: ai servizi per i cittadini, soprattutto di ceto medio-basso; a Regioni ed Enti Locali; alle pensioni ed al sistema previdenziale.

Sia pure nell’ultima proposta avanzata (quella cioè senza il provvedimento a favore di Mediaset, il “dessert mancato” e naturalmente riservato solo al Premier, caduto per la generale indignazione del Paese in primis del Presidente della Repubblica), questa è la manovra finanziaria targata Tremonti, una vera e propria patrimoniale sui poveri, un provvedimento assolutamente lontano da proporre una minima linea di ripresa economica dell’Italia.

L’aspetto principale è il recupero di 47 miliardi di euro nel prossimo quadriennio, che giungono a 68 miliardi complessivamente, scaricando gli oneri maggiori nel biennio 2013/14 dopo le Elezioni Politiche, lasciando le responsabilità sui Governi futuri e superando così anche la Grecia che ha predisposto un recupero di 64 miliardi di euro.

L’aspetto più intollerabile che assume la manovra è però quello di una vera e proprio “macelleria sociale” rivolta sostanzialmente alle aree meno abbienti e più indifese della popolazione. Risulta questo del tutto evidente se si mettono in fila i tagli agli incentivi per una nuova occupazione, il blocco dei salari, dei contratti e del turn over per il pubblico impiego (con le inevitabili conseguenze sulla qualità del servizi), l’aumento dei ticket sanitari, i tagli alla scuola pubblica, i mortali tagli finanziari per Regioni e Comuni ( che dovranno per conseguenza o ridurre i servizi o imporre nuove tasse locali).

Brutale è l’intervento in materia pensionistica, con l’allungamento dell’età pensionabile a partire dal 2014 e col blocco o riduzione drastica dell’adeguamento delle pensioni all’aumento del costo della vita. A partire già da pensioni di 1.000 € netti al mese.
Questa parte appare ancora più grave a fronte dello studio del CENSIS pubblicato nei giorni scorsi, che ci rivela, tra l’altro, che nel futuro pensionistico dei giovani, nel 2050, circa uno su due potrà contare su meno di 1.000€ al mese, rendendo esplicito l’attacco culturale ed ideologico all’idea di un sistema previdenziale pubblico significativo.

Come SEL riteniamo che l’insieme del provvedimento non solo sia inadeguato, ingiusto e punitivo rispetto ai bisogni di ampie fasce sociali (in Italia il 10% della popolazione detiene il 45% delle ricchezze), ma che si muova in direzione del tutto sbagliata anche per il futuro del Paese, proponendo ennesimi e perniciosi interventi finanziario-contabili al posto di coraggiosi progetti di rilancio del lavoro, ricerca, cultura su nuovi fronti dell’economia sostenibile.


SERVE UNA GRANDE MOBILITAZIONE PER DIRE DI NO E PORRE FINE AD UN GOVERNO CHE AFFONDA LE MANI NELLE TASCHE DEI CITTADINI PIU’ DEBOLI

venerdì 15 luglio 2011

La Casta mangia; l'Italia affonda

Caro Ministro Tremonti,
è vero che anche sul Titanic i passeggeri di prima classe rischiano di affondare; ma è pur vero che salire per primi sulla scialuppa di salvataggio fa una discreta differenza.
Quindi Sig. Ministro lasci le metafore a chi le sa usare, magari pronunciando i nomi stranieri correttamente e non offenda l'intelligenza degli Italiani.
Pur di mantenersi a galla, Lei ha affondato l'Italia reale ( non quella dei reality), che ha sempre contribuito, purtroppo, alla sopravvivenza della Sua Casta.
L'offesa più evidente della classe politica al Popolo Italiano è  di essere spudorati a tal punto da preservare i privilegi, che sono i diritti di pochi.
Si vergogni ,Sig. Ministro, per aver tolto dignità ai pensionati che vivono con 1000 euro al mese, alle famiglie con figli o con anziani a carico, ai giovani che nemmeno si sentono più precari.
Si vergogni, Sig. Ministro, per aver messo in ginocchio la parte sana del paese, grazie alla quale la Sua Casta è ingrassata a dismisura.
Ha ragione quando dice che l'Europa ha difeso solo la finanza senza una politica coesa e determinata a parlare con un'unica voce; ma Lei nel corso di questi anni non era a fianco di quella finanza? I politici sono così arroccati sulle loro posizioni di rendita, che non si rendono conto "del risentimento che cova tra i cittadini italiani nei loro confronti e di certi odiosi e insopportabili comportamenti".
Buon lavoro, Sig. Ministro, a Lei che ne ha più di uno!

giovedì 14 luglio 2011

Così parlò Nichi Vendola

".......Questa manovra si concentra sui ceti medio-bassi.........
3 cose mancano alla manovra:
taglio alle province promesso dal PDL e anche dal PD in campagna elettorale;
taglio delle vacche sacre ( spese militari, stipendi dei generali, investimenti in armi e mezzi);
 deve pagare chi non ha pagato (Tremonti ha messo una patrimoniale sulle classi sociali medio-basse)............
Quando si vive in una situazione di crisi come quella attuale, si deve temere un rigurgito dittatoriale........

Nichi Vendola  nella trasmissione "In Onda" del 14 luglio 2011 sulla 7

LA Chiesa e l'etica part-time

La Chiesa e l’etica part-time
Una modesta proposta: il Vaticano si trasferisca in America. No, non in esilio. Solo per un anno, diciamo per uno stage, un corso per respirare l’aria di una società reale dove chi bara al gioco non può sedere al tavolo come se nulla fosse.

Immaginiamo la scena. Il portavoce (americano) della Curia annuncia a New York che nel consiglio d’amministrazione di un ospedale cattolico statunitense sull’orlo del crac la Santa Sede manda un uomo condannato da ben due giudici a sei mesi di carcere, perché coinvolto in un giro di mazzette per appalti a mense scolastiche e ospedaliere. Si scatenerebbero la stampa e la tv (americane) e farebbe a pezzi la decisione. Non è inutile tornare sulla decisione del cardinale Bertone di rimaneggiare il consiglio di amministrazione della Fondazione Tabor (che controlla il San Raffaele afflitto da un miliardo di debiti, su cui ancora non è stata fatta luce) inserendo accanto a un ex presidente della Corte costituzionale (Giovanni Maria Flick) e al presidente dello Ior (Ettore Gotti Tedeschi) una persona condannata in prima e seconda istanza: il presidente del Bambin Gesù, Giuseppe Profiti.

Vale la pena perché la coltre del silenzio calata immediatamente sulla vicenda rischia di accreditare la tendenza dei potentati politici ed ecclesiastici – largamente alimentata in questa stagione , ma preesistente al berlusconismo – a praticare gratuite assoluzioni e a considerare non esistenti le condanne penali. Non ne esce bene, però, la Santa Sede in questo gioco. Perché “concorso in turbativa d’asta” – questo il reato per cui è stato condannato Profiti per il suo coinvolgimento attivo nello scandalo delle mense in Liguria – significa che nel gioco del mercato qualcuno è stato sleale, ha imbrogliato, ha truccato con mezzi illeciti le regole della libera concorrenza. Profiti non è stato condannato per un reato d’opinione, perché ha trasformato in veranda il terrazzino o per sbaglio ha investito il cane del vicino.

In America, ma anche in Germania, patria del Papa e nelle altre democrazie mature, chi bara non può vedersi affidate le chiavi per trattare con i creditori di un fallimento, per cercare finanziamenti, per rappresentare il vertice di una società. Non si tratta di aggrapparsi all’attesa della sentenza di Cassazione – anche Berlusconi lo fa in questi giorni e cerca di far dimenticare di avere corrotto un giudice – invocando la presunzione d’innocenza. C’è un principio di prudenza, un doveroso rispetto dell’opinione pubblica che impone scelte limpide. Specialmente limpide, se fatte dal Vaticano.

Al nuovo direttore del Fondo monetario si chiede di “osservare i più alti standard etici di condotta”, da lui si esige l’impegno ad “evitare anche la minima parvenza di condotta impropria”. È troppo chiedere che le nomine compiute da un soggetto come la Santa Sede, che si pone come istanza morale a livello mondiale, rispondano alle stesse esigenze? Ignorare una duplice condanna per tangenti e appalti truccati non è un buon esempio. È questa l’etica proposta dal Vaticano? È vero, nell’Italia di Bisignani, della cricca di Anemone e Bertolaso, di Milanese e dei tanti militi ignoti e seminoti della corruzione capillare, la mensopoli di Genova appare quasi un dettaglio. Ma non lo è.

Benedetto XVI ha dedicato l’ultima sua enciclica Caritas in veritate a spiegare che l’economia e gli affari devono necessariamente essere animati da un afflato etico. Gestire dal cda del Tabor un colosso sanitario è un’impresa economica. E il pontefice è stato molto preciso. Non c’è un “prima”, l’impresa, e un “poi”: l’etica.

Tutto è intrecciato. Sarebbe bene che i collaboratori del pontefice se ne ricordassero e non disprezzassero in maniera così plateale ciò che due giudici in Italia hanno certificato. L’episodio rivela anche un’altra cosa. Oltretevere si è capito che Berlusconi è ormai avviato inesorabilmente verso la caduta, ma non si è letto sino in fondo il significato del voto di quei ventisei milioni di elettori, fra cui parecchi milioni di cattolici, che hanno espresso al referendum una sete enorme di legalità e di trasparenza. Un bisogno di regole osservate e fatte applicare nella società ma anche nell’istituzione ecclesiastica.

Sbagliato fingere di non capire questo diffuso bisogno popolare. Più sbagliato ancora credere che la Chiesa possa praticare un doppiopesismo. A riguardo fa certo impressione che nelle riunioni fra esponenti ecclesiastici, politici cattolici e associazioni cattoliche (convocate freneticamente in queste settimane per progettare il dopo-Berlusconi) tra i temi forti vengano indicati il “bene comune”, l’ “etica pubblica”, l’ “assunzione di responsabilità”. Mai che fossero state organizzate negli anni del berlusconismo rampante riunioni del genere, promosse dalla Segreteria di Stato e presiedute da esponenti vaticani, con all’ordine del giorno lo scardinamento della legalità, la disgregazione dell’unità nazionale, l’affarismo senza pudore! Quando è a intermittenza, il richiamo ai grandi valori è sempre strano. Se non strumentale.



Il Fatto Quotidiano, 13 luglio 2011

E io pago...

L’altra sera, all’ingresso del mio spettacolo a Carpi, alcuni giovani del Pdl (si fanno chiamare Giovane Italia, per la gioia – immagino – di Giuseppe Mazzini) distribuivano un volantino intitolato “Una carriera travagliata”, con la mia foto segnaletica e il riassunto, un po’ fantasioso un po’ vero, delle cause civili che ho perso in tribunale. Ebbene sì, lo confesso: dopo 28 anni di carriera, 15-20 mila articoli, 150 trasmissioni tv, 2 mila conferenze e 30 libri, ho perso alcune cause civili.

La prima fu con Previti: avevo scritto che era indagato, e lo era due volte, ma l’avvocato dell’Indipendente (giornale nel frattempo fallito), smise di difendermi e non portò le carte al giudice, così fui condannato in primo grado a pagare 70 milioni di lire al noto gentiluomo, nel frattempo condannato per corruzione giudiziaria. Nessun “garantista” di destra insorse contro la barbarie di far pagare un soccombente dopo il primo grado, prima dell’appello e della Cassazione. Chiesi la sospensione dell’immediata esecutorietà della sentenza, ma il Tribunale di Roma rispose picche. E Previti, siccome non avevo i 70 milioni sull’unghia, mi pignorò un quinto dello stipendio.

Un’altra volta, in un libro, Gomez e io incappammo in un caso di omonimia, attribuendo al deputato forzista Giuseppe Fallica una condanna che invece riguardava un altro Giuseppe Fallica, funzionario di Publitalia: Fallica ci fece causa e giustamente la vinse. Un’altra la persi col giudice Verde: l’avevo definito “più volte condannato” per via di una condanna in primo grado e una in appello, ma il giudice interpretò la frase nel senso di due condanne definitive. Due volte persi contro Confalonieri: la prima per aver scritto che doveva vergognarsi di accusare la sinistra di voler espropriare la Fininvest (figuriamoci), ma la mia espressione fu giudicata troppo violenta; la seconda per aver scritto che era coimputato con B. al processo Mediaset, ma la mia frase fu ritenuta insufficiente a far capire che era accusato di reati diversi da quelli di B. L’anno scorso ho dovuto risarcire Schifani con 16 mila euro per aver detto in tv, scherzando, che il suo successore potrebbe essere una muffa o un lombrico. Purtroppo il giudice non capì la battuta. Pazienza.

Giuste o sbagliate che siano, ho rispettato le sentenze senza strillare alle toghe azzurre e, come si fa in questi casi, ho pagato i risarcimenti dopo il primo grado e poi li ho appellati. Mai, dico mai, ho sentito qualcuno del Pdl sostenere la necessità di una legge che blocchi i risarcimenti civili fino a condanna definitiva. Almeno fino a sabato, quando B. & C. sono stati condannati a risarcire De Benedetti con 560 milioni, non per un articolo o una battuta, ma per avergli fregato la Mondadori corrompendo un giudice e comprandosi una sentenza.

Questi sporcaccioni, quando devono incassare, lo fanno subito; quando invece devono pagare, non lo fanno mai. E pretendono di avere il diritto dalla loro parte. E, visto che la legge non collima coi loro sporchi interessi, vogliono cambiarla. Ora, non contenti di aver ottenuto ciò che noi privati cittadini (e molti di noi giornalisti) ci vediamo regolarmente negare – la sospensione della provvisoria esecutorietà delle sentenze di primo grado – non vogliono pagare nemmeno dopo aver perso in appello.

La causa Fallica è istruttiva: in primo grado Gomez e io veniamo condannati a versare al deputato circa 55 mila euro e li versiamo tutti, uno sull’altro. Nel 2009 l’appello riduce l’importo a 15 mila. Ergo l’on. Fallica deve restituirci 40 mila euro. Da due anni attendiamo che lo faccia, ma l’“onorevole” s’è volatilizzato: né lui né i suoi legali rispondono ai solleciti. Ecco: in attesa di varare il nuovo Frodo Mondadori, incentrato sul principio che non si paga più nemmeno dopo l’appello, non è che B., Ghedini e tutta la corte han voglia di acciuffare questo gentiluomo e rammentargli di saldare quel debituccio? Sentiti ringraziamenti.

Il Fatto Quotidiano, 12 luglio 2011

Alzi la mano il più cattolico

Quanto costa morire?
“Si vorrebbe il diritto a morire pagato dal Servizio Sanitario Nazionale” questo ha dichiarato Eugenia Roccella sottosegretario di questo governo in un’intervista a La Stampa. Io spero che Raffaello Masci, l’autore dell’articolo, non abbia capito o abbia fuorviato il pensiero della Roccella, ma purtroppo è un ottimo collega e ne dubito fortemente.

Sì, la Roccella ha usato prorpio il termine “pagato”. Neanche al cinico più bieco sarebbe venuto in mente. Come se in ballo con questa legge sulle ultime volontà o testamento biologico o, come le ha ribattezzate la maggioranza, la Dichiarazione anticipata di trattamento (acronimo Dat, che non è vincolante per nessuno quindi è inutile), non ci fosse il morire con dignità, ma i zoppicanti conti del nostro paese. A parte che a volerla vedere da un punto di vista prettamente economico tenere in vita qualcuno forzatamente nutrendolo artificialmente forse costa di più…

Ma non è certo questo il punto. Mettiamo da parte la bioetica, le coscienze, le credenze e le religioni. Il problema è che questa legge voluta da questa maggioranza (il sospetto di favori a una parte dei cattolici per compensare le intemperanze sessuali di Silvio è lecito…) contiene la definizione medica di “accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale” per descrivere quella che a noi profani è stata sempre venduta come stato vegetativo… Peccato che la suddetta definizione non significhi nulla o non abbastanza a un medico rianimatore, perché non esiste nella letteratura scientifica. E non lo dico io che sono ignorante, ma lo ha dichiarato a Radio3 Scienza questa mattina Carlo Alberto De Fanti, primario emerito di neurologia al Niguarda di Milano. Di nuovo e ancora, medici e famiglie saranno lasciati soli con la propria scienza e coscienza?
da "Il Fatto Quotidiano" del 13 Luglio 2011

mercoledì 13 luglio 2011

Comunicato Stampa


Causa sciopero generale FIOM indetto per gli stabilimenti del gruppo FIAT per il giorno 15 Luglio 2011, MAURIZIO LANDINI ha annullato, in data odierna, l'incontro di VENERDI' p.v. a Castelletto Sopra Ticino per garantire la sua presenza alla manifestazione con i lavoratori in Campania.

Il Coordinamento Circolo SEL "Peppino  Impastato"

13 Luglio 2011

domenica 10 luglio 2011


L’attacco che non ti aspetti
Landini: “La Cgil è autoritaria”
Il segretario della Fiom Maurizio Landini contesta
la scelta della Camusso di firmare l'accordo con Confindustria.
"Dopo l'intesa con gli industriali - dice -
in Italia tutti possono votare a un referendum tranne i lavoratori"
Se a Maurizio Landini chiedi se è pronto a rompere la Cgil ti risponde:
“Neanche per sogno, la Cgil sono io”. E a Susanna Camusso che ieri
 (sul Fatto Quotidiano) accusava la Fiom di “populismo”, con la sua
insistenza sul referendum, il segretario generale della Fiom replica:
“La democrazia non è populismo o movimentismo”ma semplicemente
 il modo in cui un’organizzazione evita l’autoritarismo che invece è
presente nell’accordo del 28 giugno. L’attacco diretto non c’è mai,
com’è nello stile del personaggio, ma i punti di attrito con la Cgil e
il suo segretario generale, sono evidenti.

Landini, si riconosce nella categoria di populista?
Nella mia esperienza non ho mai firmato se prima non ho avuto
il consenso della maggioranza dei lavoratori attraverso il voto.
Il diritto delle persone di votare è ciò che permette al sindacato
 di essere un soggetto di trasformazione con un’autonomia.
Se viene meno questa verifica siamo in presenza di un modello
autoritario di relazioni sindacali.

Sta dicendo che la Camusso ha firmato con Confindustria 
un accordo autoritario?
Dico che quello è un modello di accordo che disegna un’assenza di
democrazia dei lavoratori.
In Italia tutti i cittadini hanno diritto di fare referendum tranne
 i lavoratori nei luoghi di lavoro.
Questo sistema permette all’azienda di scegliere con chi fare accordi.

In sintesi cosa contestate alla Cgil e a quell’accordo?
Il peggioramento delle condizioni e dei diritti dei lavoratori.
Ad esempio quando si parla di tregua sindacale, una norma che
la Fiat voleva applicare retroattivamente perché l’avrebbe favorita.
A Pomigliano e Mirafiori la Fiom, che non ha firmato gli accordi,
può scioperare mentre adesso, se le Rsu stabiliscono a maggioranza
dei periodi di tregua, si vincola anche chi non è d’accordo.
Fino alla possibilità di vedersi chiedere i danni per
mancata produzione. Nel testo, inoltre,
non vengono definiti i diritti indisponibili che
non possono essere oggetto di peggioramento a livello aziendale.

Ma la Cgil sostiene che l’accordo non parla di deroghe, 
anzi certifica la supremazia del contratto nazionale.
Neanche nell’accordo del 2009 c’era la parola deroghe,
ma dire “intese modificative”è la stessa cosa.
La Cgil che non ha firmato nel 2009 oggi,
con scarsa coerenza, invece firma.

La Camusso contesta: se la Fiat è contro vuol dire 
che l’accordo è buono.
Come sempre la Fiat punta a rilanciare: infatti ha preso tempo
 fino a gennaio 2012. Vuole qualcosa di più.

Cosa?
Una legge oppure la rinegoziazione degli stessi accordi
di Pomigliano e Mirafiori, ad esempio con la clausola
di tregua sindacale.
Il paradosso è che questo accordo dà tutto quello che la Fiat
chiedeva (tregua, Rsa, non voto, derogabilità) ma la Fiat
non si accontenta. Quindi non è vero che si è difeso un sistema
ma lo si è peggiorato abbassando diritti e tutele.

Sta dicendo che c’è un problema strutturale in casa Cgil?
In Cgil c’è un problema democratico. A differenza di altre e
sperienze che ho vissuto, i segretari generali e il direttivo
non hanno discusso del testo prima della firma, ma solo a cose fatte.
Alla complessità democratica non si risponde con logiche autoritarie di comando.

Ora che fa la Fiom, “se ne farà una ragione”?
La Fiom discuterà e deciderà assieme ai lavoratori metalmeccanici
in modo democratico. Quindi i lavoratori devono conoscere questo testo e avere
 la possibilità di esprimersi, Anche chi non è iscritto.

Allargherete la consultazione?
Dobbiamo trovare il modo di informare tutti anche perché i mesi
di luglio e settembre coincidono con le assemblee per preparare
la piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale.
Quindi abbiamo bisogno di far votare gli iscritti e di parlare con tutti.

Di farli anche votare?
Lo discuteremo e decideremo nei prossimi giorni.

Non è che siete troppo “duri” e non capite la realtà del Paese?
Ma non stiamo chiedendo cose estremiste. Vogliamo “solo” applicare
 i contratti nazionali, le leggi, e riconoscere ai lavoratori dei diritti minimi.
Nei giorni scorsi, la segreteria nazionale ha spiegato che la Cgil
sosterrà i referendum elettorali. Come facciamo a chiedere
la firma per riformare la legge elettorale e allo stesso tempo dire
a un lavoratore che non può votare sui propri accordi?
Nel Paese c’è domanda di democrazia e partecipazione
e quindi la democrazia non è una cosa di movimento o populista.

Si è sentito tradito dall’accordo?
La categoria di tradimento per me non esiste. Ho provato rabbia
perché hanno firmato senza che la categoria che rappresento
potesse esprimersi.
Ho pensato che c’è un problema di democrazia per i lavoratori e
un problema di democrazia interna alla Cgil.

Ma con tutte queste divergenze è possibile stare nello stesso sindacato?
Assolutamente sì perché io sono la Cgil, cioè l’idea di democrazia e conflitto
incarnata dalla Fiom. I gesti autoritari non aiutano ad affrontare le cose complesse.

da Il Fatto Quotidiano dell’8 luglio 2011

sabato 2 luglio 2011

Maurizio Landini, Segretario generale FIOM
sarà a  Castelletto Ticino Venerdì 15 Luglio 2011 alle ore 21.30
 presso la sala dell'ex Cinema Impero.
Vista l'importanza dell'incontro, siete tutti invitati a partecipare al dibattito.
Seguirà locandina  inizio settimana prossima