lunedì 31 gennaio 2011


Sindrome di Quirra, la magistratura
apre un’inchiesta sul poligono
della morte
Dopo la pubblicazione di una relazione dell'Asl di Cagliari sullo
sproporzionato aumento di casi di tumore fra gli allevatori della
 zona e sulle gravi malformazioni che hanno colpito i loro animali,
la procura di Lanusei ha aperto un fascicolo per capire
le conseguenze sul territorio del poligono interforze
nel sud della Sardegna
Stop ai bombardamenti. Da una settimana non si spara più nel poligono
 interforze Salto di Quirra, la più importante base europea di sperimentazione
 di armi belliche, a nord est di Cagliari. Ora si indaga per omicidio plurimo,
 omissione di atti di ufficio e inquinamento ambientale. Ma soprattutto si sta
cercando finalmente la verità sul reale impatto per la popolazione e l’ambiente
 legati alla presenza del centro militare dove esercito italiano e aziende private
collaudano armamenti, mezzi e dispositivi utilizzati in diverse guerre del pianeta.
Alla base dell’inchiesta della magistratura, un fascicolo aperto contro ignoti dal
procuratore capo di Lanusei, Domenico Fiordalisi, in seguito alla pubblicazione,
lo scorso 13 gennaio, di una relazione della Asl di Cagliari sullo sproporzionato 
aumento di casi di tumore fra gli allevatori della zona e sulle
gravi malformazioni che hanno colpito i loro animali.

“Il 65% del personale, impegnato con la conduzione degli animali negli allevamenti
ubicati entro il raggio di 2,7 km dalla base militare di Capo San Lorenzo a Quirra,
risulta colpito da gravi malattie tumorali” si legge nella relazione dell’azienda
sanitaria locale, la prima che ha monitorato tutti gli allevamenti della zona.
“Nel decennio 2000-2010, sono dieci le persone che risultano colpite da
neoplasie tumorali su un totale di diciotto. Si evidenzia una tendenza
all’incremento, negli ultimi due anni sono quattro i nuovi casi di neoplasie”.
 La “sindrome di Quirra”, come ormai è stata ribattezzata da cittadini e
comitati locali che da anni si battono per sapere quale è il reale prezzo da
pagare per ospitare la struttura nella loro terra.

Agnelli che nascono con sei zampe o senza occhi, malformazioni fetali,
e un numero anomalo di casi di tumori e leucemie fra gli abitanti dei piccoli
centri a ridosso del poligono che si estende per 120 chilometri quadrati in
 aree naturali aperte al pascolo oltre che sul mare. A Quirra, frazione di
appena centocinquanta residenti, dal 2001 gli abitanti hanno contato più
di 30 casi mentre almeno la metà sono stati registrati nei limitrofi centri
di Villaputzu, Muravera e San Vito. Emblematico secondo la Asl, il caso
di una famiglia di allevatori nella zona di Tintinau, tre dei quali hanno
sviluppato un tumore nell’arco di pochi anni, mentre a Escalaplano,
 paese di 2.500 anime nell’entroterra, ci si interroga ancora sulla causa
 della nascita, nel corso degli anni ottanta, di nove bambini
con gravi malformazioni.

Una sindrome che colpisce indistintamente giovani e anziani e che
presenterebbe somiglianze con le patologie contratte dai militari di ritorno
dai Balcani, dall’Afghanistan o dall’Iraq, alimentando il sospetto che
l’alto tasso di malattie fra la popolazione possa essere riconducibile
all’utilizzo, all’interno della base, di munizioni contenenti uranio impoverito
 o alla presenza di nano particelle di metalli pesanti, depositate nell’ambiente
in seguito alle sperimentazioni di razzi, missili e altri dispositivi sulle quali la
base garantisce il segreto militare e industriale.

Un sospetto su cui la Procura di Lanusei sembra ora voler andare a fondo.
Dopo aver disposto il sequestro di tutti i bersagli utilizzati durante le esercitazioni
e l’acquisizione di documenti sulle attività del poligono, è stata ufficializzato
mercoledì a Roma l’ingresso all’interno del pool di ricerca sulla
“sindrome di Quirra” di Antonietta Morena Gatti, esperta di nano particelle
e consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito,
che nei suoi studi ha messo in evidenza similitudini fra i microresidui pericolosi
ritrovati negli agnelli malati nati nei dintorni di Salto di Quirra e quelli presenti nei
tessuti di soldati colpiti da tumore al ritorno dalle missioni di guerra.

Prossima tappa dell’inchiesta un grande monitoraggio con il coinvolgimento
della popolazione, riguardo al quale la dottoressa avrà l’incarico di “analizzare
 tutti i reperti relativi a soggetti residenti o operanti nell’area del poligono che
 abbiano contratto tumori o linfomi negli ultimi anni”, e ciò al fine di verificare
la presenza di correlazioni fra le sostanze ritrovate nei tessuti e quelle presenti
sui bersagli e nell’ambiente dell’area militare.

“Accogliamo in modo estremamente positivo questa nuova inchiesta– dichiara
ilfattoquotidiano.itMariella Cao del comitato Gettiamo le Basi, che da anni
si batte contro le attività del poligono. “Finalmente si vede che c’è una strage in
corso, finalmente qualcuno prende atto dei morti e dei malati che nessuno ha mai
voluto vedere. Abbiamo molte speranze, ma non dimentichiamo che non è la prima
volta che si aprono inchieste poi finite nel porto delle nebbie. In questo momento
 il controllo dal basso rimane fondamentale”.

Mentre in Sardegna si aspetta la verità, l’elenco delle morti sospette
continua a crescere.
 L’ultima vittima si chiamava Alessandro Bellisai, militare deceduto per tumore
a 28 anni il 14 gennaio a Cagliari, dopo essere rientrato nell’aprile
scorso dall’Afghanistan.
In passato aveva anche trascorso un periodo di addestramento al poligono
interforze Salto di Quirra.

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